BEATA VERGINE DEL SANTO ROSARIO DI FONTANELLATO

Yearly: 2019

Domenicani

“Come lievito nel mondo” i laici domenicani

Cenni storici: I “Laici Domenicani” erano già presenti ai tempi di San Domenico (1170/1221). Gravitavano attorno ai conventi offrendo aiuto e, diventati numerosi, chiedendo di condividerne la spiritualità senza abbracciare la consacrazione religiosa. Nel 1285 ebbero la prima Regola, manuale di intere generazioni, dal Maestro dell’Ordine Munio di Zamora. Regola approvata da Papa Innocenzo VII nel 1405. Siamo uomini e donne, giovani e anziani, operai e professionisti, professori e casalinghe, studenti e impiegati, artisti … sposati e non, inseriti nel mondo, tutti uniti da un comune obiettivo, la vocazione dell’Ordine di San Domenico: l’amore alla Verità. Verità da conoscere (preghiera e studio), vivere, là dove ci troviamo, nella fedeltà al Vangelo e annunciareanche con la parola (predicazione): Gesù è venuto e la Sua Verità rende realmente liberi. Facciamo parte, a pieno titolo, della Famiglia dell’Ordine domenicano tramite “promesse” secondo la Regola. Ci impegniamo a camminare sulle orme di San Domenico avendo come Lui:

• Passione per l’uomo, Lui chiedeva “Che ne sarà dei peccatori ?” noi, consapevoli della nostra fragilità, ci adoperiamo per manifestare una misericordia autentica (che chiediamo e riceviamo nella ns. promessa) nei confronti di ogni forma di umana inquietudine per difendere la libertà, promuovere la giustizia, la pace e la speranza.

• Preghiera, Lui era solito “Parlare con Dio odi Dio”, Lui amava il silenzio, lo studio e la meditazione, la contemplazione della Parola che poi donava con la concretezza del Suo esempio di vita e la predicazione.

• Vita comune “Siccome (Lui) amava tutti, da tutti era amato”, noi cerchiamo di farlo nelle nostre Fraternite, dove si prega, si studia, si ascolta, si condivide.

Giovanna

Alcune testimonianze Presso il Santuario di Fontanellato ha sede, dal 30 settembre 1862, una “Fraternita”, con la prima persona che ha fatto la sua “promessa”. Molte altre l’hanno seguita e oggi i laici si incontrano una domenica pomeriggio al mese ed è possibile, molto liberamente, partecipare a questi incontri. Se ti sentissi attratto dalla spiritualità e dalla vita fraterna puoi chiedere di farne parte. C’è un tempo di conoscenza reciproca e preparazione piuttosto lungo che culmina con la “promessa semplice” e, più tardi, con l’impegno della “promessa perpetua”. Per me l’incontro con l’ordine domenicano è stata una grazia, una risposta all’esigenza di essere preso per mano e condotto in quel cammino che conduce a Gesù, che da poco tempo avevo ripreso. La frequentazione del Santuario di Fontanellato mi ha permesso di conoscere la spiritualità dell’ordine domenicano, in particolare la devozione per la Madonna, per il Rosario e l’amore per la verità. Da qui è nato il desiderio di consolidare questa vicinanza e di entrare in un ordine ricco di 800 anni di storia che tanto ha dato alla Chiesa sia in termini di Santi che di opere spirituali >

che poteva aiutarmi nel mio cammino spirituale. Per me essere L.D. (Laico Domenicano) oggi significa essere incorporati nell’Ordine Domenicano che П garanzia di fedeltà alla Chiesa e al suo Magistero, condividere con i miei confratelli la mia esperienza di Laico Cristiano, inserito nel mondo e approfondire la fede con lo studio e la contemplazione. Oggi che viviamo una crisi della Religione, il diffondersi sempre più del relativismo etico e morale, credo che l’esistenza di un ordine religioso che mette al primo posto l’esistenza e la ricerca della Verità, sia quanto mai prezioso e mi rende onorato di farne parte. Il ritrovarsi con i confratelli della Fraternita significa condividere il mio essere cristiano e chiedermi come posso fare per testimoniare Cristo nella mia vita.

Ho scelto come modello il Beato Pier Giorgio Frassati, un giovane L.D. con tanti talenti e possibilità di successo nel mondo, che non ha avuto dubbi nel scegliere di percorrere la via della santità ed ha ottenuto la gioia e la vera pace donandosi completamente a Dio e al prossimo, con l’entusiasmo proprio dei giovani. Tra i laici domenicani annoverati nell’ordine, ci sono santi grandissimi come Santa Caterina da Siena e Bartolo Longo solo per citarne alcuni e tra le persone del nostro tempo ci sono La Pira e Aldo Moro, e per non andare troppo lontano Ida Mari di Ponte Taro morta nel 1981, in concetto di santità. Persone eminenti il cui operato П difficile da imitare, ma che tutte hanno avuto nell’ordine domenicano un valido aiuto nel loro cammino spirituale. Il cammino di santità П lungo e faticoso, ma, per usare un gergo ciclistico, è come il condividere la salita con i confratelli e avere un’ammiraglia guidata da S. Domenico e Santa Caterina da Siena, è garanzia di far parte di una buona squadra (patrocinata da Maria) e di avere buone prerogative di riuscita.

Giulio (PierGiorgio)

Testimonianze

“La bellezza sta nella differenza”

“Noi domenica ci avviciniamo di più alla verità grazie all’ironia. Il Vangelo di Giovanni inizia con le nozze di Canna cioè con Gesù a una festa. Dio ama le persone gioiose”. Esordisce così il settantatreenne teologo inglese Timothy Radcliffe, consultore del Pontificio consiglio giustizia e pace, già Maestro generale (così sono chiamati superiore generale dei domenicani) del suo ordine. Le sue parole trovano conferma nei suoi occhi sorridenti, nel suo volto serafico, nel tipico humor di un lord inglese. “Oggi tutti dicono siamo in crisi. Ma la crisi deve essere feconda, se no non ha senso. Ogni Domenica, quando andiamo a messa, ritorniamo alla più grande crisi della storia dell’umanità, l’ultima Cena. Ma, come ci insegna ciò che è avvenuto dopo, non bisogna aver paura. Bisogna reagire, invertire la tendenza. La Brexit (L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, n.d.r.) è una crisi stupida.Molti di quelli che l’hanno votata sanno che non porterà alcun beneficio, l’hanno fatto per rabbia, frustrazione. Così come gli italiani del Sud hanno votato per i partiti populisti perché avevano perso fiducia nelle istituzioni.”

Rabbia e frustrazione sono per Radcliffe all’origine dei fondamentalismi attuali. “Dobbiamo capire perché alcune persone ne sono attratte. La Chiesa deve rendersi presente nelle loro vite, dimostrare l’ora di averne compreso il dolore e di riconoscere la dignità di figli di Dio” .Comprendere, ma anche attrarre, se è vero che il cristianesimo perde fedeli e l’islam ne acquista. Riflette il teologoDomenicano:”L’Islam attrae perché è una religione semplice”.

E’ Sottomissione e obbedienza. Molte persone sono attirate da questa semplicità soprattutto quando le loro vite non vanno bene. Ma è anche vero che molti giovani musulmani sono attratti dal cristianesimo specialmente in Medio Oriente, dove hanno sempre vissuto nella conflittualità. Per loro è entusiasmante scoprire che Gesù è contro la violenza.”

Come parlare ai giovani – I giovani, dice Radcliffe, necessitano di messaggi forti: “Migliaia di giovani europei, americani, australiani, si sono uniti a Daesh perché dava loro uno scopo: “potete essere eroi e martiri.E’ un orrendo culto della morte, ma la sua attrattiva sta proprio nel chiedere tutto. La nostra fede sarà attraente per coloro che si sentono inutili, invisibili, solo se sapremo chiedere loro di fare qualcosa di coraggioso”.

Ma servono anche testimonianze erotiche, come dimostra la vicenda algerina dei monaci trappisti del Monastero di Tibhirine e del suo amico e confratello domenicano, Il vescovo di Orano, Monsignor Pier-Lucien Claverie, uccise nel 1996, in odium fidei, a causa cioè della propria fede cristiana. “Dopo l’assassinio dei monaci, abbiamo subito subito chiesto ai nostri fratelli e sorelle se volevano restare o andarsene perché era diventato pericoloso. Ognuno era libero di decidere per sé. Tutti, anche se impauriti, hanno scelto di restare, anche il mio buon amico Pierre; e un mese dopo è stato ammazzato anche lui.Hanno scelto di restare perché Dio, alla fine del Vangelo di Marco dice:”Sarà con te fino alla fine della tua vita”.Vale sempre vale anche per noi. Non è importante se facciamo errori, se falliamo: Gesù sta con noi. Quello che rende affascinanti questi martiri, proclamati beati lo scorso dicembre, è che erano persone come noi ma, allo stesso tempo, erano eroi, perché hanno fatto la scelta radicale della sequela di Gesù. Se presentiamo la”Pericolosa avventura”del cristianesimo alcune persone scapperanno, altre invece, affascinate, resteranno.L’anno scorso ho visitato il monastero, è diventato un luogo di pellegrinaggio per cristiani e musulmani.”…

viaggi apostolici

Negli Emirati il Papa tende la mano all’Islam: “La religione rinunci alle armi”

ABU DHABI – Inizia oggi un viaggio storico, la prima volta di un Papa negli Emirati Arabi. Francesco vola alla volta di Abu Dhabi, capitale del Paese, petromonarchia fra le più ricche di tutta la penisola arabica con una minoranza significativa di immigrati cattolici, soprattutto indiani e filippini. Ad attenderlo il principe ereditario, lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, ma anche alcune critiche – provenienti in particolare da Amnesty International – per il sospetto che il governo locale usi del viaggio per offrire un’immagine di sé come Paese tollerante e aperto che non sempre corrisponde al vero.

Francesco partecipa domani all’incontro interreligioso sulla Fratellanza umana, insieme ad altri 700 leader di varie religioni, alla presenza del grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. Dopodomani, invece, l’incontro con la comunità cattolica locale, nella messa pubblica alla Zayed Sports City, la prima celebrata in pubblico e a questi livelli, con 135 mila fedeli previsti.

Per il Vaticano, gli Emirati Arabi sono considerati ponte importante fra Occidente e Oriente, ed anche fra tradizioni religiose diverse. Su questo, non a caso, ha insistito in queste ore il segretario di Stato Pietro Parolin. Il viaggio, fra l’altro, avviene mentre su scala internazionale si riaccendono le tensioni sul tema del nucleare, con la Russia che sospende la propria partecipazione al Trattato antimissili Inf – che vieta i razzi a breve e media gittata – dopo il passo indietro degli Stati Uniti dall’accordo del 1987. Un tema toccato ieri da Francesco che a una delegazione del Consiglio Nazionale del Principato di Monaco ha ricordato il discorso di Paolo VI all’Onu: “Il pericolo vero sta nell’uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina e alle più alte conquiste!”, ha detto.

Secondo diversi osservatori internazionali, così anche per Amnesty International, l’arrivo del Papa può essere usato dal governo emiratino come photo opportunity per mostrare una tolleranza religiosa non sempre reale, seppure le minoranze abbiano diritto di esistenza come non avviene in altri Paesi musulmani. Amnesty International, in particolare, parla di “sistematica repressione di ogni forma di dissenso e di critica”, e chiede al Papa di “segnalare alle autorità emiratine i casi dei difensori dei diritti umani in carcere”.

Critiche sono arrivate anche per il fatto che gli Emirati fanno parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita in Yemen che combatte contro il movimento armato degli Houthi attaccando indiscriminatamente i civili, e provocando quella che l’Onu ha definito “la peggiore attuale crisi umanitaria provocata dall’uomo”. Durante l’Angelus, Francesco è tornato, come già fatto più volte in passato, su questa emergenza: “Con grande preoccupazione seguo la crisi umanitaria nello Yemen – ha detto il Papa – La popolazione è stremata dal lungo conflitto e moltissimi bambini soffrono la fame, ma non si riesce ad accedere ai depositi di alimenti. Il grido di questi bambini e dei loro genitori sale al cospetto di Dio. Faccio appello alle parti interessate e alla Comunità internazionale per favorire con urgenza l’osservanza degli accordi raggiunti, assicurare la distribuzione del cibo e lavorare per il bene della popolazione”.

Il tema della pace è in cima all’agenda del viaggio. “Fa’ di me uno strumento della tua pace” è il motto, tratto dalla preghiera attribuita a Francesco d’Assisi, ricordando anche gli 800 anni del suo incontro col sultano Al-Malik Al-Kamil a Damietta, in Egitto.

Il viaggio punta a dare impulso al rapporto con l’Islam, in particolare quello più “dialogante”. La volontà è di provare a mettere all’angolo i fondamentalismi, di promuovere il valore unificante delle religioni pur nelle loro diversità, di aiutare quanti vogliono liberare l’Islam dalle connotazioni violente. “Che questa visita sia un passo importante nel dialogo tra musulmani e cristiani e contribuisca alla comprensione reciproca e alla pacificazione nella regione del Medio Oriente”, dice infatti Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia Meridionale.

Citazione liberamente riportato come articolo d’interesse – Repubblica di PAOLO RODARI
Attualità

Un’attesa lunga e difficile

Proponiamo questa bella testimonianza raccolta dall’amica Paola per discutere e ragionare sul tema dei fedeli divorziati. Mi chiamo Marta e scrivo per dare il mio contributo

all’amata Chiesa in tema di matrimonio, separazione e dichiarazione di nullità.

Nel 1994, quando avevo appena compiuto 24 anni ed ero molto attiva nella mia parrocchia come catechista, membro del coro e volontaria vincenziana, ho “creduto di sposare ” un ragazzo incontrato nell’ambito del Cammino Neocatecumenale di una chiesa non lontana dal mio quartiere. Una persona non italiana, appartenente al patriarcato copto della chiesa ortodossa, che mi si è presentata con una storia di vita che dopo 7 anni si è rivelata completamente falsa.E così nel 1999, dopo due figli (che allora avevano 7 e 25 mesi), svariate peripezie e molte lacrime, l’ho visto scomparire dalla mia vita così come vi era entrato. Negli anni successivi il mio padre spirituale ha iniziato a parlarmi della possibilità di sottoporre la mia storia al tribunale ecclesiastico e, malgrado le mie titubanze iniziali, ho scelto di fidarmi di lui ed ho intrapreso quella strada. Un po’ per le mie difficoltà economiche e un po’ per la convinzione di “aver diritto” a un processo gratuito – o quasi – visto il mio impegno nella Chiesa dal giorno in cui ho ricevuto la Cresima (all’età di 14 anni), ho scelto di avvalermi di un patrono stabile (avvocati privati sono arrivati a chiedermi 8.000 euro per seguirmi e ben 180 euro per una consulenza, in un periodo in cui i miei figli ed io vivevamo con 400 euro al mese). Tra

una cosa e l’altra, il processo ha avuto inizio nel 2006 e, malgrado l’evidente invalidità

dovuta ad incapacità ed inganno, si è concluso solo nel 2011, con la dichiarazione di nullità. E allora mi domando: siamo proprio sicuri che questo sistema funzioni al meglio delle proprie potenzialità? Intendiamoci, si tratta di un percorso importante, che sono solita definire “catartico”, perché consente di rivedere la propria vita e le proprie scelte, che “spiega” alcuni misteri del nostro io e che è certamente necessario per chi cerca la Verità. Ma proprio per queste ragioni mi permetto di richiamare l’attenzione su

almeno due aspetti assolutamente contraddittori di questa realtà: la cattiva informazione e il fattore tempo. Mi spiego: trovo incredibile che nell’era di Internet e della cultura generalizzata si faccia ancora fatica ad accedere a informazioni corrette in tema di nullità matrimoniale. Nel mio percorso ho incontrato parrocchiani che parlano di “annullamento” (come se la Chiesa avesse il potere di annullare un Sacramento),

catechisti che non conoscono il funzionamento di un processo canonico e persino parroci che impediscono a chi ha subìto una separazione di leggere durante le celebrazioni… Naturalmente poi la cattiva informazione scoraggia le persone che si trovano in

situazioni “irregolari” dall’accedere ai tribunali ecclesiastici per fare verità e le fa sentire

“fuori” dalla comunità ecclesiale. Il secondo scandalo è la lungaggine burocratica che ha ripercussioni delicatissime sulla vita delle persone. Mi riferisco al fatto che molte coppie di conviventi rimangono per

tanti anni in stato di peccato grave, privati del sostegno dell’Eucarestia, solo perché una banale carenza di personale nei tribunali lascia le pratiche giacere sui tavoli per mesi e mesi (ricordo che parliamo della VITA della persone!!). La mia proposta, ferme restando le attuali norme del diritto canonico, è che la Chiesa si doti di uno strumento più agile ed eventualmente più decentrato per analizzare i singoli casi, tutti diversi, tutti dolorosissimi e tutti degni di attenzione (come ha recentemente ricordato Papa Francesco). Tra l’altro, richiamando la Familiaris consortio del beato Giovanni Paolo II, vorrei sottolineare il fatto che la stragrande maggioranza delle persone che ricorrono al tribunale ecclesiastico desidera vivere in comunione con la Chiesa, normalmente non ha scelto la separazione e cerca attraverso la realizzazione della propria vocazione matrimoniale di formare una coppia e una famiglia che tenda alla santità. Spesso poi la nuova unione potrebbe consentire anche una migliore e più piena integrazione nella Chiesa. Per tornare a me, dopo 14 anni dalla mia separazione, sono ancora in attesa dei tempi della Chiesa, questa volta perché si pronunci ufficialmente circa il matrimonio del mio fidanzato. Infatti, nonostante i nostri 44 anni, i 4 anni di fidanzamento e la piena convinzione

della nullità anche del suo matrimonio, abbiamo scelto di attendere la sentenza di un processo iniziato nel 2011, anziché sposarci civilmente o intraprendere una convivenza. Questo, tanto per capirci, significa che, per obbedienza alla Chiesa e certi che il Signore ci donerà altre gioie, abbiamo rinunciato ad avere dei figli (uno dei nostri sogni più grandi) e a condividere la nostra quotidianità (un’esigenza propria di ogni coppia). Oggi, su richiesta del mio parroco, sono nuovamente una catechista, pronta ad accogliere la sofferenza di tanti figli di genitori separati e lo sfogo di tante mamme e tanti papà, che vorrei smettessero di sentirsi emarginati dalla Chiesa. Per completezza, intendo anche testimoniare la mia totale adesione ai temi della vita, la mia vicinanza al “Movimento per la Vita” e alle sue molte iniziative, il mio impegno per favorire la conoscenza dei metodi naturali per la regolazione delle nascite e le mie battaglie anti-abortiste. In conclusione, credo fermamente che siamo tutti chiamati a farci vicini a chi ha sperimentato il fallimento del proprio matrimonio, a donare speranza e conforto, ma anche strumenti concreti per superare una condizione di disagio e oggettiva ambiguità.

Marta